LA GREEN ECONOMY CHE ESCE DAL GHETTO
Ci piace - Comunicazione

Eccoci di nuovo all’appuntamento con la newsletter di Greenactions dopo la pausa estiva…

Pausa estiva, quando è successo ?! Vi ricordate quei mesi di agosto degli anni… anta in cui nulla sembrava succedere e le novità erano quelle delle classifiche discografiche? Tutto irrimediabilmente cambiato.

 

Oggi i nostri benedetti/maledetti cellulari smart phone e Ipad ci tengono inevitabilmente connessi istante per istante a quello che accade lontano da spiagge e rifugi alpini mentre la società globalizzata si è messa a correre a ritmi vorticosi. Cosi abbiamo trascorso le ultime settimane cercando di capire quello che stava (sta) succedendo e come può cambiare il nostro business, i nostri interessi, il nostro futuro. In questi giorni si sta parlando della fondamentale esigenza di far ripartire la crescita, di creare nuove occasioni di lavoro. Come e dove farlo se non puntando sull’innovazione e sulla sostenibilità di processi e prodotti, sul recupero dell’ambiente degradato, su nuovi modelli di consumo?

Mi è capitato tra le mani (cioè sullo schermo del computer) nei giorni scorsi un post di Trewin Restorik responsabile di Global Action Plan (ennesima organizzazione no profit inglese). Ci parla della necessità che le organizzazioni ambientaliste allarghino il loro interesse e la loro capacità di coinvolgimento anche a quei settori della società, più svantaggiati, che fino ad ora sono rimasti fuori dalla consapevolezza “green”.

Vi ricordate, avevamo già trovato questo concetto a proposito della sfida per i prodotti sostenibili di puntare ad un target più allargato e meno fidelizzato. Insomma la green economy non può riguardare solo attivisti e consumatori, ricchi, educati e magari rigorosamente di razza bianca (la muesli belt la definisce Trevor!) capaci di spendere il 30% o 50% in più per questi beni e servizi! Trevor quindi, che opera in Inghilterra e parla dopo le rivolte giovanili a Londra, ci racconta dei tentativi della sua organizzazione per coinvolgere giovani non educati e disoccupati in attività di formazione che offrono concrete opportunità lavorative con progetti di risanamento ambientale.

 

C’è molto da riflettere in tutto questo.

 

Mario Iesari di GreenActions

 

Per chi fosse interessato: www.businessgreen.com


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