Costruire responsabilità
Ci piace - Comunicazione

Riportiamo e condividiamo la riflessione di Enrico Fedrighini (portavoce Comitato Promotore MilanoSiMuove) a proposito del messaggio di Alex Langer e del Summit Rio +20.

 

 

"Ricevo un breve e illuminante (come sempre) report di Roberto Meregalli dei “Beati i costruttori di pace” a proposito del Summit Rio+20, la Conferenza dell’ONU sullo sviluppo sostenibile vent’anni dopo lo storico Vertice della Terra tenutosi a Rio nel 1992. Risultato: nulla di fatto.

 

Vent’anni di slogan verdi, sostenibilità e green economy: eppure stiamo continuando a spremere il pianeta, aumentando l’estrazione di risorse, le emissioni in atmosfera, la crescita incontrollata delle città, la perdita di aree verdi. “Our life style is not up for negotiation”, il nostro stile di vita non è negoziabile, dichiarò nel 1992 William Reilly, capo dell’agenzia USA per l’ambiente. Lo stesso anno, Alex Langer scriveva: “La semplicità di vita è il vero obiettivo proclamato dal Vertice della Terra: così rivoluzionario da non poter essere iscritto in un trattato”. Ha vinto Reilly, sembrerebbe. La tossicità si è estesa dall’ecosistema all’economia fondata su prodotti finanziari e spread, e agenzie di rating (che nessuno ha eletto) impegnate a indicarci strade di non ritorno. Esiste una via d’uscita?

 

Il messaggio di Alex Langer era: dobbiamo agire in modo responsabile, avendo consapevolezza delle conseguenze che ogni nostra azione produce sul pianeta, su noi stessi e le generazioni future.

 

Dopo l’ultima mail sul Parco Sud, fra i tanti mi ha scritto Diego: “Il tuo impegno è per tutti noi una speranza ma credo che per vedere i frutti di tutto questo cambiamento bisognerebbe educare le nuove generazioni partendo dall'inserimento di alcune ore di educazione civica e ambientale, in tutte le scuole. Le piante non si raddrizzano quando sono vecchie!” Ha ragione Diego. Succede poi che assisto alla presentazione di un progetto di educazione ambientale promosso da due note associazioni, finanziato da una legge nazionale e destinato alle scuole milanesi. Un bel progetto, davvero: nove giardini realizzati da nove scuole in nove zone diverse. E ricco: 450.000 euro disponibili, una manna per le nostre scuole. Però scopro che di questa cifra, il 60 per cento (270.000) viene incamerato dalle due associazioni organizzatrici e il resto suddiviso fra le nove scuole cittadine (20.000 euro ognuna). Su scala ridotta, ricorda il meccanismo della Cooperazione allo sviluppo italiana negli anni Ottanta. Esiste una diversa via d’uscita?

 

Ripulendo la memoria del pc trovo un vecchio articolo pubblicato nel 2001 dal Corriere della Sera sul primo progetto di monitoraggio della qualità dell’area negli spazi gioco all’aperto del Comune di Milano, realizzato attraverso il coinvolgimento e la partecipazione di cittadini e scolaresche (http://archiviostorico.corriere.it/2001/marzo/03/Campi_gioco_aree_verdi_bambini_co_7_0103032181.shtml). Nessun finanziamento pubblico, nessuno sponsor, nessun ambientalista a cachet: semplice colletta civica per il noleggio dei rilevatori ambientali, stop. I risultati di questo lavoro partecipato costrinsero l’Amministrazione a trasferire e riorganizzare progressivamente diversi spazi pubblici per il gioco, modificando la viabilità urbana o trasferendo alcune strutture in zone più protette. Con alcuni studenti di allora sono rimasto in contatto. Uno di loro mi ha scritto, non molto tempo fa: “Vedere cosa respiravamo, cosa rischiavamo, ci ha convinti ad agire per cambiare le cose. E abbiamo capito che si può fare”.

 

Forse esiste una diversa via d’uscita».

 

Enrico Fedrighini

 

 

 


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